Centoventitreesimo anniversario della nascita dello scultore Emilio Prazio, il Libero Consorzio Comunale di Siracusa, non appena cesserà l’emergenza coronavirus, porrà una targa a ricordo, presso la biblioteca provinciale “Vittorini”. Il
momento sarà introdotto da un profilo, redatto dal critico d’arte, prof. Paolo Giansiracusa: ” Abitazioni private, cappelle cimiteriali e chiese si lasciarono avvolgere dal suo segno gentile, dalle sue forme plastiche avvolgenti e leggere. All’attività pratica del laboratorio paterno abbinava lo studio rigoroso delle arti visive nella Scuola d’Arte di Catania. Poi lasciò l’Isola per recarsi a Torino, dove frequentò il Regio Istituto d’Arte diplomandosi nel 1922 con il massimo dei voti. Nello stesso anno Prazio si stabilisce a Bologna, dove frequenta la Regia Accademia di Belle Arti e dirige dopo la morte di Mingazzi, famoso maestro del ferro, la sua officina. Nel periodo bolognese Emilio Prazio, le cui capacità artistiche e le doti di scultore del ferro battuto furono ben presto note del Centro Nord d’ Italia, lavora con un’energia inesauribile ed incontenibile entusiasmo, fattori che ancora oggi traspaiono dai suoi decori, dalle sue sculture che riempiono di vita e di espressione poetica abitazioni private, edifici pubblici, strutture cimiteriali sia a Bologna che nel territorio circostante. Un elenco formulato dallo stesso artista, sui lavori eseguiti durante il periodo bolognese dal 1922 al 1932, ci dice nella quantità e nella qualità quante opere questo illustre maestro del liberty europeo riuscì a concepire in brevissimo tempo. Sculture di dimensioni diverse, piccole e grandi, miniature cesellate o monumentali strutture dalla forte resa plastica … tutte pervase da un senso di bellezza inviolata, tutte avvolte da una pelle materica palpitante. Non trascurò mai l’attività espositiva, convinto com’era, che le mostre servivano a confrontarsi e a dare divulgazione al proprio lavoro. Stimato da Ugo Oietti, fu capo d’arte nel corso straordinario di ferro battuto della regia Scuola per le Industrie Artistiche di Bologna. Rientrato nel 1933 a Siracusa, fino al 1940 lavorò intensamente per edifici pubblici, per palazzi privati, per banche, per chiese; Non c’è edificio siracusano, realizzato nel ventennio, che non abbia almeno un segno della sua presenza, del suo intervento artistico. All’Ospedale psichiatrico come in quello Sanatoriale, nelle sedi centrali del Banco di Sicilia come nel Palazzo degli Studi, nel Palazzo dell’Amministrazione Provinciale come nei Saloni della Prefettura lasciò il segno indelebile della sue decorazioni artistiche. Oggi, a distanza di tempo, quelle opere , in una società che ha smarrito le conoscenze della tecnica e l’espressione artistica, sembrano manufatti di un titano invincibile, di un domatore del fuoco che sa sposare l’azione energica del braccio alla creatività del pensiero. L’umanità nuova, quella fiorita negli anni della stagione post moderna, più di altre ne può apprezzare il valore, forse perché ha chiara la consapevolezza che la parabola creativa di Emilio Prazio è irripetibile. Le opere realizzate da Prazio negli anni trenta lasciano il campo del liberty e toccano con solidità di linguaggio l’ambito decorativo del decò. Le forme si fanno più plastiche, le strutture più statiche, i volumi più sintetici. L’artista lascia la sinuosità decorativa e si avventura in percorsi del tutto nuovi dove la sua opera acquista maggiore autonomia, staccandosi dal ruolo di arte applicata. Negli anni della guerra fu costretto a spegnere la sua forgia e a dedicarsi all’insegnamento. Fu così professore nella Regia Scuola d’Arte di Comiso dove diede corpo ad una delle più importanti officine della lavorazione dei metalli della Sicilia. Rientrò nel capoluogo aretuseo nel 1946. Per lui questi non furono anni facili. Nonostante il lavoro non gli mancasse le difficoltà economiche si facevano sentire. Erano anni di crisi per tutti e certo il disagio economico era ancora più forte per chi aveva fatto dell’arte lo scopo primario della propria esistenza. Nonostante le preoccupazioni e i disagi lavorò con coraggio e sentimento fino agli ultimi anni della sua vita lasciando in tutte le persone che lo avvicinavano un senso di bontà e di fiducia indimenticabili. Si spense a Siracusa, nel quartiere Acradina, il 10 febbraio del 1977. Una ricognizione organica dei suoi lavori, avviata grazie alla sensibilità della figlia Adriana, è stata portata alla conoscenza del vasto pubblico per documentare un periodo della storia locale che è parte fondamentale della storia del Mezzogiorno”.
“A Emilio Prazio artista del ferro battuto e delle fusioni metalliche. Il suo estro creativo – Si legge nella scultura – superò la stagione del liberty e dello stile decò per affacciarsi alla contemporaneità. Schietto e deciso, sinuoso e avvolgente, fu il suo segno scultoreo. Rigore e passione furono i segni distintivi dell’uomo e dell’artista. Maestro di vita e novello efesto, fece germogliare dal ferro il segno rigoglioso del divenire”.