I 21 indicatori che hanno fatto finire la Sicilia in zona arancione. Le polemiche e gli attacchi politici di queste ore. Il tema dei posti letto di terapia intensiva in Sicilia. Cosa è stato fatto, cosa non è stato fatto. Rt, curve di contagio, rapporto tra numero di tamponi e positivi. L’assessore alla Sanità della Sicilia Ruggero Razza è stato un fiume in piena. Dopo essere finito nel mirino per l’assegnazione della Sicilia in fascia arancione dall’ultimo Dpcm del Governo, Razza ha deciso di sviscerare punto per punto ogni questione. Con i 21 indicatori alla mano ha cercato di fornire numeri e chiarimenti. Prima di parlare in conferenza stampa, si è confrontato con l’Istituto Superiore di Sanità e con la Direzione generale della Prevenzione. Per capire, lui prima di tutti gli altri, perché la Sicilia sia finita subito dietro le regioni rosse e perché in Sicilia è stato rilevato un rischio superiore a regioni come la Campania dove in queste ore montano tende da campo nei Pronto soccorso degli ospedali per aumentare i posti letto.
Razza inizia la sua analisi proprio dall’analisi di alcuni indicatori. «Si è detto che la Sicilia va in zona arancione perché nella valutazione dei 21 indicatori presi in esame, la classificazione è quella. Quindi ci si è chiesti perché in una situazione di contagi molto più bassi di altre regioni e con un Rt più basso di altre regioni, la Sicilia sia finita in zona arancione. Allora si è detto che le nostre strutture sono carenti, non si sono fatti abbastanza posti. Ma vediamo cosa dice l’Istituto superiore di Sanità su questi indicatori.
I primi indicatori riguardano la capacità di monitoraggio. Sono quattro indicatori, il minimo per considerare la prova superata è una percentuale del 60% su ognuno di questi indicatori. La Sicilia ha ottenuto il 90% sul primo, il 99,9 % sul secondo, il 100% sul terzo, il 99,1% sul quarto. Quindi nessuno di questi indicatori sulla capacità di monitoraggio del nostro sistema sanitario è stato preso in esame negativamente. Il secondo gruppo di indicatori riguarda la capacità di accertamento diagnostico, diagnosi, indagine e gestione dei contatti. Si tratta cioè di indicatori che ci devono far comprendere come il virus si espande sul territorio della regione e se esiste una capacità del sistema sanitario della Regione, dal punto di vista organizzativo e strutturale, di andare incontro a questi dati. In questo caso il Ministero e l’ISS hanno tenuto in considerazione due indicatori che li hanno messi in allarme: aumento del numero di positivi sul totale dei tamponi effettuati, che nel report del 25 ottobre era il 7,9% e che cresce un po’ fino al 9,4% di oggi. Se andiamo a vedere le altre Regioni vedrete che la percentuale è molto più ampia. Abbiamo però affrontato un tema con l’ISS: se a livello regionale abbiamo avviato una campagna di testing a tappeto con i test rapidi, noi andremo a testare migliaia di persone. Ma le linee guida prevedono che non si deve fare il tampone molecolare a tutti quelli che fanno il test rapido, ma solo a quelli che saranno risultati positivi. E questo farà crescere la percentuale dei positivi. Quindi ho chiesto: evitiamo di andare a cercare i positivi asintomatici per poter anticipare i tempi ed evitare l’affollamento delle strutture ospedaliere o consideriamo nei nuovi report anche la quantità enorme di tamponi che viene effettuato nel territorio di una regione? Mi è stato risposto che nei nuovi report si dovrà tenere conto anche di questo. Altro dato: il personale che riguarda attività di contact tracing, il monitoraggio dei contatti stretti e il totale delle risorse umane dedicate. Le indicazioni prevedono 1 persona ogni 10 mila abitanti. La Sicilia ha una rilevazione di 1.2, dunque anche in questo caso non c’è alcuna carenza strutturale.
Il tempo medio di inizio sintomi e inizio isolamento in Sicilia è due giorni. Rilevato dall’Istituto Superiore di Sanità. Il tempo medio massimo per non considerare una situazione di allert è di 5 giorni. Quindi 2 giorni è ben al di sotto delle indicazioni. C’è poi la valutazione degli indicatori di risultato relativi alla trasmissione del virus e alla tenuta dei sistemi sanitari. Cioè quanto velocemente si allarga il contagio sul territorio di una Regione e se il sistema sanitario è in grado di seguire l’andamento dei contagi. Anche qui il report diffuso evidenzia un indice Rt, al 25 ottobre, che per la Sicilia si attesta a 1.42. Ma guardiamo le altre Regioni: indice Piemonte 2.16, Lombardia 2.09, Val D’Aosta 1.89, Molise 1.86, Umbria 1.67, Calabria 1.66, Puglia 1.65, Emilia Romagna 1.63, Liguria 1.54, Lazio 1.51, Provincia autonoma di Trento 1.5, Friuli Venezia Giulia 1.5, Campania 1.49, Marche 1.48, Veneto 1.46, Sicilia 1.42. Abbiamo dovuto scorrere sedici tra Regioni e Province autonome per arrivare alla Sicilia. Inoltre l’indice Rt del nuovo report segna un ulteriore calo.
Ci sono dei focolai di trasmissione in Sicilia, ed è normale. Devo capire com’è possibile che per noi possa essere un problema avere 150 focolai in più nell’arco di una settimana di rilevazione, mentre chi fa 4 mila positivi al giorno ne ha di meno. O forse ne dichiara meno. C’è poi il grande tema dell’occupazione posti letto e qui si sono sbizzarriti gli sciacalli. Si è detto che la Sicilia viene penalizzata perché non è nelle condizioni di ospitare i pazienti. Se anche l’indice di occupazione considerato è quello relativo al 25 ottobre, il sistema delle terapie intensive in Sicilia aveva un’occupazione del 15% e il tasso di occupazione dei posti letto di area medica era 0.19%. E’ salito a 19% con l’aumento dei positivi. Ma senza tenere conto dello sviluppo del nuovo piano approvato dal Comitato tecnico scientifico. Quindi chi sostiene che non abbiamo posti letto abbia la pazienza di evitare di continuare a dirlo. Ultimo tema che ha rappresentato una condizione di allert è legato alle zone rosse. Avere avuto la tempestività in Sicilia di aver adottato delle zone rosse e di aver comunicato l’adozione delle zone rosse è valutato come condizione di allert. Io dico che abbiamo fatto bene perché ci ha aiutato a circoscrivere e ridurre i contagi. Forse siamo troppo sinceri, siamo una Regione trasparente, lo abbiamo detto e questa è stata individuata come criticità.
Oggi (ieri ndr )ho chiesto a Brusaferro e Rezza se queste misure fossero state le uniche ad essere utilizzate per assegnare la Sicilia in zona arancione. Mi è stato detto che questo sistema di monitoraggio non è l’unico previsto e che intervengono ulteriori due criteri: la classificazione del rischio e l’indice Rt, che ovviamente si sommano a tutto il resto. Ma se la classificazione del rischio è quella da scenario 3, attendo di capire qual è la ragione per cui se n’è tenuto conto solo per la Sicilia.
Siamo consapevoli che l’epidemia è in una fase di crescita e che quindi vada mantenuta sotto controllo. Ciò che ha ferito i siciliani è l’idea che l’attribuzione di un’area di rischio abbia fornito l’inesatta impressione che da noi il sistema sanitario fosse più impreparato rispetto ad altre regioni, o con minore capacità di reazione. Le valutazioni sono molteplici, le rispetto, ma le voglio capire. Domani ci sarà un incontro riservato tra le Regioni e il Ministro Speranza e sono certo che avremo modo di confrontarci. In questo momento però la valutazione dei dati non può essere legata alla libera interpretazione. Ci aspetteremo una risposta dal Ministro Speranza. Ho raccolto la disponibilità dall’Iss a valutare i dati che manderà la Sicilia. Com’è possibile che regioni che in questo momento stanno montando ospedali da campo evidenzino un rischio diverso? Perché se prendiamo la sintesi del monitoraggio che ci è stato presentato, nella stringa che riguarda il coefficiente di rischio, io leggo che sulla trasmissione del virus il rischio è moderato e sulla capacità del sistema sanitario a resistere al virus il rischio è basso. Insomma, dobbiamo capirci. Se il sistema non ha difficoltà superiori rispetto ad altre regioni, se l’indice di occupazione dei posti letto ci porta al di sotto dei parametri, se la diffusione del contagio c’è ma ci sono anche le azioni di screenig, contenimento e tracciamento, la decisione appare difficolmente spiegabile sotto il profilo tecnico e scientifico. Io non mi permetto di opinare il fatto che il governo nazionale ha deciso di avocare a se l’inasprimento delle misure, ma ho il diritto di chiedere che il metro sia uguale per tutti. Perché i cittadini hanno il diritto di capire perché si verificano determinate scelte. Siamo di fronte alla più grande emergenza sanitaria degli ultimi 100 anni. Ma non posso leggere che il governo della Regione ha ricevuto 128 milioni di euro da Roma che non ha saputo spendere. Intanto ancora non abbiamo ricevuto un centesimo. La pianificazione è stata fatta con un mio decreto di luglio ed è stata formalizzata un’azione di ampliamento della rete intensiva e sub-intensiva che la legge affidava al commissario nazionale. Potevano i presidenti di regione di essere delegati, oggi tutte le procedure di progettazione sono state aggiudicate, la prossima settimana inizieranno i lavori in alcune strutture. Falso dire che la Regione ha ricevuto risorse che non ha speso. Non siamo indietro nemmeno di un’ora». Sulla classificazione della Sicilia quale zona arancione il Pd passa all’attacco e dopo aver definito “fallimentare” la gestione della pandemia da parte del governo Musumeci prepara la sfiducia all’assessore alla sanità Ruggero Razza. La mozione di sfiducia sarà presentata nei prossimi giorni e la decisione è stata presa ieri nel corso di una videoconferenza promossa dal segretario regionale Anthony Barbagallo e dal capogruppo all’Ars Giuseppe Lupo. Alla riunione hanno partecipato i deputati regionali PD, i parlamentari nazionali Carmelo Miceli, Fausto Raciti e Pietro Navarra, il presidente della Direzione regionale Antonio Ferrante ed i componenti della Segreteria regionale del partito. Tutti hanno sottolineato che la Sicilia si trova in “zona arancione, con contagi fuori controllo e con la conseguenza di dover chiudere diverse attività commerciali, in conseguenza di 21 parametri che la stessa Regione Siciliana trasmette al governo nazionale e che mettono in evidenza errori e sottovalutazioni commessi dal governo Musumeci nelle misure necessarie al monitoraggio ed al contenimento del virus sul territorio. Al tempo stesso è sempre più evidente il deficit organizzativo nel sistema sanitario regionale”.