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Pnrr, l’allarme di Anci Sicilia: “Le proteste non bastano più”

Diredazione SB

Dic 30, 2021

Con il 2021 ormai agli sgoccioli è tempo anche per gli Enti locali siciliani di tirare le somme. Metaforicamente per lo meno, visto che ancora non vi è traccia dei Bilanci di previsione 2021-2023 in due terzi dei Comuni dell’Isola.

Non sveliamo alcun mistero di Fatima: chiudere i documenti economico-finanziari è diventato per i nostri Comuni, anno dopo anno, sempre più difficile. Lo scorso 3 novembre i sindaci dell’Isola si sono mobilitati per denunciare le gravi criticità finanziarie e organizzative in cui ormai da troppo tempo versano i Municipi da loro amministrati, chiedendo al Governo nazionale urgenti provvedimenti di carattere normativo e finanziario. Con quali risultati? “Quella del 3 novembre – ha dichiarato, in un’intervista al giornale QdS, Mario Emanuele Alvano, segretario regionale di Anci Sicilia – è stata una delle tante tappe di una lunga mobilitazione che è partita a fine maggio e che è stata scandita da passaggi importanti, come quello del 25 maggio, in cui si è deciso di deliberare formalmente l’impossibilità ad approvare i bilanci in alcuni casi o l’impossibilità di farlo senza tagli significativi ai servizi in altri”.

mario emanuele alvano Archives - QdS

“Quella delibera – prosegue il segretario – non è stata solo simbolica, ma è stata approvata formalmente e formalmente è stata trasmessa alle Istituzioni nazionali e anche locali, a cominciare dalle Prefetture. E ha avuto il senso di dire, forse per la prima volta, che nonostante gli sforzi che possono essere effettuati a livello locale, a nostro avviso siamo in presenza di un quadro legislativo inadeguato e insufficiente”.

Un ulteriore passo in avanti è stato fatto da AnciSicilia il 3 agosto nella Conferenza Stato–Città–Autonomie locali, in cui “è stato chiesto – comunicò a chiusura dell’incontro Leoluca Orlando, presidente di AnciSicilia e sindaco di Palermo – che la fissazione del termine per l’approvazione dei Bilanci di previsione 2021-2023 venga opportunamente e rigorosamente collegata a un percorso riformatorio che, passando attraverso l’approvazione di norme transitorie, possa consentire un’adeguata armonizzazione dei rapporti Stato Regione ed Enti locali in Sicilia”.

Dopo la manifestazione del 3 novembre si sono svolti degli incontri nelle nove Prefetture il 17 dicembre, quasi in simultanea: “Anche in questo caso – ha spiegato Alvano nell’intervista al quotidiano palermitano – si è denunciata la necessità di modificare il quadro normativo per consentire, a livello strutturale, di intervenire, vale a dire prevedere forme di perequazione, considerando che la Sicilia, come altre realtà del Sud, è un’area svantaggiata e quindi, al di là del deliberato che si può realizzare in termini di riscossione dei tributi – che, come è noto, è una delle più grandi criticità che abbiamo – siamo comunque in presenza di territori con scarse capacità fiscali”.

Il problema di fondo, sollevato da AnciSicilia, riguarda “la necessità che, puntualmente, sulle diverse norme ci sia quella che abbiamo definito un’armonizzazione tra le scelte nazionali e quelle regionali. La Finanziaria (approvata dalla Commissione bilancio e passata il 28 dicembre alla Camera, nda) è piena di riferimenti alla specificità della Sicilia: spesso si ritrova la frase ‘ai Comuni e anche ai Comuni della Regione siciliana e della Sardegna’, proprio a sottolineare che non è scontata l’aderenza all’impianto nazionale della Sicilia”.

Tra le tante anomalie del sistema Alvano segnala anche il bisogno di un più efficace funzionamento del meccanismo legato ai fabbisogni standard, ma in generale “c’è un continuo bisogno di verificare l’adeguatezza in Sicilia della portata degli interventi normativi nazionali. Su tutto questo abbiamo chiesto un’azione”.

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Il bilancio del 2021, secondo Alvano, è dunque solo in parte positivo: “Per la prima volta è stata approvata nel Collegato fiscale una norma che eroga 150 milioni ai Comuni siciliani: si è constatata una specificità e si è intervenuto finanziariamente. Quello che riteniamo non soddisfacente è il fatto che si tratti di un approccio una tantum: quello di cui c’è bisogno invece è un approccio strutturale. Bisogna modificare stabilmente alcune condizioni, prevedendo una perequazione stabile annuale che possa essere quindi considerata ai fini del bilancio, rivedendo l’impianto della finanza locale, in particolare nel meccanismo di riscossione dei tributi, in modo tale che gli Enti possano beneficiare tutti gli anni di questa modifica e non come un fatto a spot. L’idea è quindi quella di continuare la mobilitazione”.

La Legge di bilancio 2022 assegnerà quindi 150 milioni ai Comuni siciliani che, nell’ultimo bilancio consuntivo presentato, hanno una condizione di maggiore disavanzo ma lo stanziamento riguarda soltanto il 2021 e ha un carattere strettamente emergenziale. Basterà per chiudere almeno il 2021? Non c’è una risposta univoca, secondo Alvano: “Dipende dalle diverse realtà. In alcuni casi sono una boccata d’ossigeno significativa, in altri non sono sufficienti perché consideriamo che c’è anche un problema di bilancio triennale per cui quantomeno la misura dovrebbe essere stabilizzata nel triennio. Così non è. Quindi è un segnale importante ma non è sufficiente: positivo in termini di segnale, inadeguato in termini di risultato”.

Con i risultati ottenuti la gestione economico finanziaria degli enti non si potrà dire dunque più solida: “In alcuni casi – spiega Alvano – si attenuerà il disavanzo del 2019 e del 2020. Tutto qua. È un segnale inedito, che non risolve ma che non si era mai verificato. La motivazione che sta alla base di questo provvedimento è il fatto che noi abbiamo una difficoltà strutturale di riscossione, così la norma recita: è la constatazione di una difficoltà appunto strutturale. Non era mai accaduto prima quindi è un segnale importante che però non risolve il problema”.

Da qui riprenderà, a inizio gennaio, il confronto avviato da AnciSicilia: “È fondamentale far capire che non è un capriccio o una questione che riguarda un ente o un altro ma riguarda 391 Comuni, riguarda tutti perché anche, laddove non ci sono gravi criticità finanziarie, c’è la necessità di erogare servizi”.

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