Uno spettacolo che parte dal mito e arriva ai giorni nostri. Un caleidoscopio di storie che seguono il filo rosso della violenza sulle donne, ancora dominante nelle cronache come certificano i numeri. È “Persefone e le altre. Narrazioni di donne tra mito e realtà”, la performance teatrale del IV istituto comprensivo “Salvatore Quasimodo” di Floridia, che ha registrato un altro, strepitoso successo in piazza Melbourne, dove è andato in replica dopo la partecipazione al XXVIII Festival Internazionale del Teatro Classico dei Giovani, di scena al teatro Greco di Palazzolo Acreide.
L’iniziativa, realizzata con la collaborazione di Work in progress e Fidapa – sezione di Floridia e il patrocinio del Comune della città, si inserisce nell’ambito del progetto della Regione siciliana “Arte. Di ogni genere”, che ha visto il IV istituto comprensivo “Salvatore Quasimodo” di Floridia tra i vincitori del bando per la promozione della legalità e del rispetto della figura femminile e dell’educazione alle differenze.
Il lavoro drammaturgico, avviato da docenti e studenti della scuola secondaria di primo grado tra ottobre e dicembre, è un viaggio a ritroso alle origini della cultura occidentale, interrogando il mito classico, i poemi omerici, passando per la letteratura greca e latina, e arrivando fino alla contemporaneità, ancora permeata di violenza contro le donne, discriminazioni di genere e patriarcato. Musica, canto, danza e recitazione in “Persefone e le altre” si fondono e confondono in una forma d’arte totale e fanno sì che la mitologia, l’arte e la letteratura aiutino, i giovani anzitutto, a comprendere meglio come la violenza di genere e il patriarcato siano fenomeni che arrivano da lontano.
Il lavoro si divide in due parti. Nella prima viene rievocato il mito classico partendo dall’Inno omerico a Demetra. La storia porta in scena il rapimento della fanciulla Kore da parte del dio degli inferi Ade e delle peregrinazioni della madre Demetra, dea della natura, alla ricerca della figlia perduta. E qui l’urlo inascoltato di Kore, ormai divenuta Persefone, diventa quello di molte altre donne del mito e della storia.
La seconda parte dello spettacolo è infatti un “catalogo” di donne vittime, come Persefone, di ratti. Abbandoni. Inganni. Violenze. Così succede a Europa rapita da Zeus. A Ersilia presa a forza da Romolo. A Regilla, giovane nobildonna romana uccisa dal fedele liberto del suo sposo mentre portava in grembo il suo bambino. O, ancora, a Francesca da Rimini. Giovanna d’Arco. Artemisia Gentileschi. Franca Viola. E così, ancora oggi, succede a Marisa Leo, Giulia Tramontano, Giulia Cecchettin. In un lungo, doloroso elenco che non è destinato a ripetersi e ad accrescersi all’infinito ma che può – e deve – essere spezzato dall’educazione all’amore. Al rispetto. Alle differenze di cui questo lavoro costituisce un importante seme. Un lavoro dove il coro è forse il vero protagonista. Un coro che declama e canta all’unisono, come nelle tragedie classiche. Un coro che non solo ci racconta e ci porta a riflettere ma ci spinge anche all’azione attraverso la guida dei corifei. Un coro che semina parole, gesti, riflessioni e spera che ri-fioriscano con Persefone nei cuori di ognuno di noi.
Soddisfatto Salvatore Cantone, dirigente del IV Istituto Comprensivo “Salvatore Quasimodo” di Floridia: «Lo scorso anno ci siamo confrontati con le eroine dell’Oikos, donne forti, determinate, pronte a tutto pur di far fronte a una strada senza altra uscita che non sia la morte. Donne che escono dal loro ruolo di custodi della casa, del focolare, della piccola storia privata e che si trovano catapultate nella storia dei grandi eventi. Ma le donne, anche le grandi donne, sono spesso preda di piccoli uomini che sfruttano la forza fisica per sopraffarle, che le dominano senza alcun rispetto, che usano loro violenza. Partiamo da testi classici rimettendoli in scena dopo millenni, per comprendere quanto ancora possano dirci gli autori antichi con i loro personaggi e i loro racconti. Il teatro antico mette in scena l’uomo, ciò che dell’umanità rimane immutato nonostante il volgere dei secoli, il sorgere e il declinare delle civiltà. Ed è da questa essenza primigenia dell’umanità che i nostri alunni posso attingere i valori, quelli immutabili, perpetui, per cui vale la pena di continuare a vivere la storia. Così, per un attimo, i nostri ragazzi hanno partecipato all’eterno dramma della vita, sempre uguale ma sempre diverso, guardandolo con gli occhi di chi li ha preceduto per dare loro un nuovo sguardo verso il futuro».