Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma del segretario provinciale di Assostampa Siracusa Prospero Dente e del presidente regionale del Gus (Gruppo Uffici Stampa) Francesco Di Parenti in merito a quanto pubblicato su facebook dal sindaco di Melilli Giuseppe Carta.
“Con un post pubblicato su Facebook, il sindaco di Melilli, Giuseppe Carta, annuncia la nascita di una sua “nuova piattaforma social” per “tenere sempre informata la comunità locale e provinciale” e per rendere pubbliche “ogni attività amministrativa e le sue dichiarazioni politiche”.
Al di là della preoccupante commistione tra contenuti amministrativi e politici, che ai giornalisti dovrebbe far nascere più di un sospetto sulle reali finalità di questa piattaforma, non possiamo non rilevare che quella del sindaco di Melilli è solo l’ultima iniziativa presa dai primi cittadini della nostra provincia in materia di comunicazione. Tutte, com’è ovvio, fanno ampio uso dei social – e c’è anche chi si è spinto fino all’utilizzo di una app – ma tutte si caratterizzano perché si pongono alla stessa maniera fuori dal perimetro indicato dalle norme. Cosa non da poco, perché chi amministra una città dovrebbe rispettare sempre le leggi.
L’attività di informazione e comunicazione della pubblica amministrazione è regolamentata in Italia dalla 150 del 2000 – completata dal regolamento del Presidente della Repubblica n. 422 e dalla direttiva Frattini del 7 febbraio 2002 – e recepita in Sicilia dell’articolo 127 della legge 2 del 2002. Essa stabilisce chi deve fare cosa (i giornalisti dell’ufficio stampa informano, il portavoce comunica per il vertice istituzionale e l’Urp lo fa direttamente con i cittadini) e soprattutto porta queste funzioni all’interno della pubblica amministrazione. Ciò significa che gli enti pubblici sono tenuti a organizzarsi con strutture proprie, da istituire nel rispetto dell’ordinamento e con criteri di trasparenza, a cominciare dai concorsi pubblici.
Invece accade che giornalmente le caselle e-mail, i profili social e le chat dei cronisti sono intasati da materiali provenienti dai comuni senza che, nella grande maggioranza dei casi, se ne conosca l’autore perché misteriosi sono i percorsi che hanno portato alla nascita delle relative strutture di informazione e comunicazione. Si va da politici e funzionari che si improvvisano giornalisti ai portavoce che fanno gli addetti stampa, dai social media manager più o meno professionalizzati a vere e proprie agenzie esterne, che sono la negazione stessa della legge 150/2000 ma producono comunicati stampa per conto di questo o quell’ente locale.
Dispiace dover rilevare che talvolta tutto questo si alimenta anche con la complicità di giornalisti che accettano di prestare la loro opera per quegli amministratori che si muovono fuori dal perimetro della normativa, per tacere di chi si spinge fino al punto di porsi in contrasto con la deontologia professionale.
L’informazione istituzionale è uno dei capisaldi di qualsiasi democrazia ed è una fetta importante della trasparenza che viene richiesta alla pubblica amministrazione e che noi giornalisti, per primi, dobbiamo pretendere e praticare. Abbassando la guardia saremo complici di quanti spacciano propaganda per informazione e lo fanno al solo scopo di perpetuare il loro potere”