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AUGUSTA. “COSTI ELEVATI” SULLA RAFFINERIA “SONATRACH”: L’ALGERIA TORNA SUI SUOI PASSI?

Diredazione SB

Feb 4, 2020
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Soffiano venti inquietanti sul futuro della zona industriale di Siracusa, in particolare sulla “Sonatrach” , il colosso algerino che nel 2018 ha acquistato le raffinerie di petrolio dell’americana Esso. L’azienda petrolifera algerina è nella bufera, dopo le rivelazioni della stampa internazionale sul “affaire Augusta“. L’acquisto della raffineria siciliana dalla Esso sarebbe stato infatti “surpayè” , senza alcuna utilità per la lavorazione del petrolio estratto nel Paese nord-africano, e porterebbe perdite nelle casse societarie per ben 25 milioni di dollari al mese. Insomma un pessimo affare, che starebbe facendo affondare nei debiti la “Sonatrach”. Lo scandalo è esploso dopo il cambio al vertice nella società di Stato, rivoluzionato dai nuovi assetti nel governo di Algeri. E getta ombre pesanti sul futuro di uno stabilimento che ha fatto la storia del Petrolchimico siracusano, sul quale da 70 anni si poggia un pezzo sostanziale dell’economia cittadina A lanciare la pietra nello stagno è stata la rivista francese Petrostrategies, che, nel suo ultimo numero, ha individuato in 725 milioni di dollari la cifra spesa dagli algerini per l’acquisto della raffineria di Augusta.

Secondo la stessa fonte, come riportato da l’Agenzia Nova e dall’Agi, “Sonatrach ha persino dovuto ricorrere a un prestito da 250 milioni di dollari dall’istituto Apicorp, con sede in Arabia Saudita, per la manutenzione dell’impianto e per l’acquisto del greggio saudita necessario al funzionamento della raffineria”. Sempre “Petrostrategies” critica la logica industriale dell’acquisizione, perche’ “Augusta e’ stata progettata per la lavorazione di un petrolio greggio di densita’ media e pesante, non per il greggio leggero che produce l’Algeria”.

I dirigenti di Sonatrach, secondo quanto riporta l’Agi, avevano giustificato l’affare evidenziando come l’Algeria importi 3 milioni di tonnellate l’anno di prodotti raffinati e promettendo che Augusta avrebbe ridotto il deficit trasformando il greggio algerino. Il ministro algerino dellEnergia, Mohamed Arkab, come riferito dalle agenzie di stampa, ha promesso di tenere presto una conferenza stampa per discutere della situazione della raffineria.

Con l’uscita di scena di Abdelaziz Bouteflika come presidente della Repubblica e di Abdelmoumen Ould Kaddour come amministratore delegato della compagnia energetica nazionale Sonatrach, l’Algeria e’ chiamata a sciogliere una serie d’importanti nodi tra i quali quello dell’investimento effettuato nel 2018 per l’acquisto della raffineria di Augusta, in Sicilia.

L’attuale ministro algerinodell’Energia, Mohamed Arkab, “ha promesso di tenere presto una conferenza stampa per discutere la situazione della raffineria“. Lo riporta l’Agenzia Nova, riprendendo notizie che dalla fine di gennaio stanno riempiendo le colonne dei giornali di settore. Il “caso Augusta” è deflagrato quando Abdelaziz Bouteflika ha lasciato la carica di presidente dell’Algeria. Determinando l’uscita di scena dell’amministratore delegato Abdelmoumen Ould Kaddour, che nel maggio 2018 aveva chiuso a tempo record e in gran segreto la trattativa di compravendita con la multinazionale americana. Un affare stimato intorno i 725 milioni di dollari, comprensivi pure dei depositi costieri di Palermo e Napoli. Che l’attuale premier Abdelaziz Djerad “aveva già criticato, prima della sua nomina alla guida del governo”.

In base a quanto riporta il sito specializzato”Energy services experts”, il 26 gennaio scorso, “la Exxon Mobil aveva cercato invano un acquirente dal 2015“. Poi, nel giro di poco, la multinazionale riesce a chiudere con quel “Ceo” oggi al centro di feroci polemiche. Perché, secondo quanto rimbalza dalla stampa algerina, quell’affare fa acqua da tutte le parti. Innanzitutto, sulla raffineria di Augusta pesano “le somme importanti che devono essere investite per renderla conforme alle norme ambientali“, secondo quanto rivela un reportage della rivista di settore “Petrostrategies” ripreso dai giornali algerini. Poi c’è la questione degli ammodernamenti necessari, perché gli impianti non erano adatti a lavorare un greggio della stessa qualità di quello algerino.

Le stime di settore, nel quinquennio 2019-2024, prevedono investimenti che superano i 500 milioni. Ce n’è abbastanza perché il giornale “Liberte“,  arrivi a calcolare un costo finale che supera ampiamente il miliardo di dollari. Conveniva alle casse pubbliche algerine imbarcarsi in questa impresa? Allo Stato nord-africano, nonostante qualche resistenza interna, il contratto era stato presentato come necessario per raggiungere l’autosufficienza energetica nel prodotto raffinato. Invece, sempre secondo quanto riportano le testate algerine in questi giorni, lo stabilimento ex Esso ha dovuto importare petrolio dall’Arabia Saudita per poter lavorare. Sono molti i giornali arabi in lingua francese che riprendono l’analisi di Petrostrategies, e bollano la raffineria di Augusta come “strutturalmente in perdita“.

La questione algerina investe in pieno il Siracusano. Due anni fa i sindacati avevano espresso fortissimi timori sul futuro dello stabilimento augustano, dopo l’improvviso passaggio di mano condotto a loro insaputa e infrangendo una prassi consolidata di preventiva comunicazione alle parti sociali. A dire il vero, non tutti erano sembrati totalmente all’oscuro. I sindaci di Melilli e Augusta, ad esempio, avevano già da tempo in agenda la visita ufficiale di Kaddour. “Una casualità” venne definito il tour del Ceo algerino in zona, proprio il giorno in cui le agenzie battevano l’acquisto della raffineria. Poi la riconferma dello stesso assetto dirigenziale cresciuto con gli americani, aveva tranquillizzato un po’ tutti sul piano delle relazioni sindacali.

In Algeria lo scandalo sta montando a vista d’occhio. I più prudenti parlano di “zone d’ombra”. Mentre l’avvocato d’affari Nasr Eddine Lezzer, ripreso da “Liberte“, si spinge a definirla un’operazione dalla “opacità giuridica totale“. L’Agenzia “Nova”  riporta che lo stesso premier Djerad, prima di entrare in carica, aveva chiesto l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Una strada che adesso sembra obbligata, per come i giornali stanno soffiando sul fuoco di un’acquisizione che colse di sorpresa pure in Italia.

Adesso su quell’operazione di Sonatrach i giornali algerini allungano le stesse ombre che segnarono la tangentopoli italiana. Il reportage di Semmar racconta che quell’azienda di Stato “si appresta a lanciare un’offerta pubblica per acquistare 90 mila tonnellate di bitume, quando la raffineria di Augusta ha venduto tutta la sua produzione di bitume alla Esso, attraverso un contratto elaborato da Mazighi che permette al gigante americano di comprarlo a un prezzo inferiore di circa 50 dollari la tonnellata, rispetto al prezzo praticato nel mercato mondiale“. L’articolo di “Algerie part“ aggiunge che quell’accordo “ha suscitato un enorme scandalo a Sonatrach, che ha bisogno di importare ogni anno 250 mila tonnellate di bitume“.

Ma ciò che fa ripiombare le città del Petrolchimico nell’incubo disoccupazione è la conclusione che trae Petrostrategies. La rivista specializzata che ha terremotato un settore già sconquassato dalla crisi libica e dalle tensioni nel Golfo persico, sostiene che “la vendita sarà quasi impossibile”, considerata la gestione deficitaria degli impianti e il calo tendenziale della domanda di prodotti raffinati. Ora si spera che l’annunciata conferenza stampa del ministro Arkab sulla raffineria di Augusta smentisca, almeno in parte, le analisi disastrose su uno stabilimento che può lavorare solo in perdita.

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